2016/11/17
Trump e la teoria delle due spade
(da "La Nuova Bussola Quotidiana)
Nel corso dei due millenni della sua storia la Chiesa ha dovuto ovviamente sempre confrontarsi con l’autorità temporale, a volte ferocemente avversa, a volte apparentemente favorevole, altre ancora, molto più rare, convintamente cattolica. In un momento di rottura fra oriente ed occidente successivo al sostegno imperiale all’eresia monofisita, alla fine del quinto secolo, papa Gelasio così scrive all’imperatore Atanasio per esplicitare quali debbono essere i rapporti fra le due massime autorità mondiali: “Sono due, in verità, o augusto imperatore, [i poteri] dai quali questo mondo principalmente è retto: l’autorità sacra dei pontefici e la potestà regale”. Da questa premessa deriva che, mentre in campo spirituale è l’imperatore a doversi sottomettere al papa, in campo temporale avviene l’esatto contrario: è il papa che si deve sottomettere all’imperatore.
Unico è l’impero, due le massime autorità, ognuna delle due regge una spada, la spada nella mano destra –la principale- è retta dal pontefice perché la vita eterna è più importante di quella terrena, la spada nella mano sinistra è retta dall’imperatore che detta le regole del vivere civile, nello spirito della lettera ai Romani di Paolo. La posizione di Gelasio, passata alla storia con il nome di “teoria delle due spade”, poggia su un presupposto senza il quale non è comprensibile: la decisione del cattolico Teodosio di rendere il cristianesimo religione ufficiale dell’impero, presa nel 380 con l’Editto di Tessalonica.
Oggi le cose sono ovviamente molto diverse perché nessuno stato più si definisce cristiano. Anzi, quasi tutti gli stati che un tempo sono stati cristiani, si ingegnano ad ostacolare in ogni modo la fede che per secoli quando non per due millenni li ha caratterizzati. Eppure la teoria delle due spade mantiene, a giudizio di Ratzinger cardinale, una sua attualità proprio nello stato in cui la separazione fra stato e fede è, apparentemente, più netta: gli Stati Uniti. In un intervento al parlamento italiano del 2004, l’allora Prefetto per la dottrina della fede ha detto: “A riguardo del rapporto tra chiesa e politica [i cattolici americani] hanno recepito le tradizioni delle chiese libere, nel senso che proprio una Chiesa non confusa con lo Stato garantisce meglio le fondamenta morali del tutto, cosicché la promozione dell’ideale democratico appare come un dovere morale profondamente conforme alla fede. In una posizione simile si può vedere a buon diritto una prosecuzione, adeguata ai tempi, del modello di papa Gelasio”.
Adeguata ai tempi, dice Ratzinger. Il tempo che si apre negli USA con l’elezione di Trump è indubbiamente un tempo nuovo. Con nuove sfide. Con nuovi equilibri da cercare fra i vescovi e l’amministrazione cui compete il dovere di regolare la vita dei propri cittadini in maniera che si svolga in modo ordinato e sicuro. Le scelte in campo temporale sono indubbiamente di competenza del potere politico. Potere politico che, con Trump, ha l’enorme merito di mettere al centro della propria azione il rispetto per la vita in tutte le sue fasi. Novità radicale dopo gli otto anni di Obama, insignito del premio Nobel per la pace ancora prima di diventare presidente. Madre Teresa diceva, con ragione, che l’aborto è una piaga terribile che compromette la stessa pace fra le nazioni.
Che l’America oggi ripudi la bandiera Obama-Clinton dell’aborto come diritto di libertà è un fatto di cui essere grati a Dio. Fatto che non era scontato.
Continua a leggere ⇢2016/10/17
Dal Muro del Pianto al Muro di Buraq
(da "La Nuova Bussola Quotidiana)
In un tempo in cui i maschi sono destinati a non essere più tali e le femmine nemmeno, ma ciascuno può danzare a suo piacere fin dall’infanzia la danza del cambiamento che annulla identità e persone, i nomi non hanno importanza. Cambiano seguendo le giravolte del desiderio.
Nel mondo della realtà effettuale invece i nomi indicano l’essenza delle cose. Che esistono, hanno vita, esercitano potere e hanno influenza su di noi. Per questo è importante conoscerli. Prima di iniziare la sua missione di profeta, di liberatore dalla schiavitù egizia, Mosè che tituba (e ne ha ben donde) insiste nel chiedere a Dio il suo nome: come ti chiami? A Mosè Dio rivela il nome. Nome impronunciabile per gli ebrei. Perché a quel nome è connessa la terribile potenza dell’Altissimo. Anche all’arcangelo Raffaele mandato da Dio a salvare Tobia dalla sua cecità, il santo uomo timorato di Dio - e per questo molto perseguitato -, chiede con insistenza il nome. Nell’Apocalisse il Re dei Re trionfante “porta scritto un nome che nessuno conosce all’infuori di lui”.
L’importanza e la bellezza del nome. Gerusalemme: Città della pace. Città del gran sovrano. Desiderio del cuore. Luogo del sacrificio di Isacco, del regno di Davide, dell’erezione del Tempio dove abita il Santo dei Santi. Gerusalemme è il cuore pulsante dell’ebraismo di tutti i tempi. Ma anche del cristianesimo di tutti i tempi. Gerusalemme è la città in cui Gesù Cristo, il Messia tanto atteso, compie le promesse fatte da Dio al popolo eletto: Gesù muore, risorge, ascende al cielo a Gerusalemme. La Pentecoste avviene a Gerusalemme. Nell’Apocalisse Giovanni guarda ed “ecco l’Agnello ritto sul monte Sion e insieme centoquarantaquattro mila persone che recavano scritto il suo nome e il nome del Padre suo”.
Dal 637 Gerusalemme passa sotto il dominio arabo e sulla spianata del Tempio i musulmani costruiscono 2 moschee per ricordare il terzo luogo santo dell’islam: quello in cui Maometto vola in sella a Burak per poi salire verso il cielo. Subito dopo la conquista, nel 637, il califfo Omar offre ai cristiani protezione (la pagheranno con una tassa, come da noi usa fare la mafia) a patto che rispettino rigorosamente le regole di un patto da lui stabilito. Il patto, che condanna i cristiani a una lenta scomparsa, comincia così: “Non costruiremo [noi cristiani] nelle vostre città o fuori da esse nuovi monasteri, chiese, o eremi; non ripareremo edifici religiosi caduti in rovina né restaureremo quelli che si trovano nei quartieri musulmani delle città”. Il califfo non ha fatto in tempo a mettere piede in Palestina che già tutte le città sono sue. Perché dove arriva il vero Dio, Allah, niente è più come prima e mai più potrà tornare come prima. Pena il disonore che cadrebbe su Allah se non riuscisse a conservare in suo potere i territori via via conquistati.
In questi giorni l’Unesco ha stabilito che l’area del Tempio con quello che ne resta, cioè il Muro del Pianto, non debba più chiamarsi col nome ebraico ma con quello musulmano: “al Buraq”. Il nostro governo, dopo i matrimoni omosessuali imposti con voto di fiducia, si è astenuto, di fatto approvando le esigenze delle potenze islamiche, molto ben rappresentate all’Unesco, da loro lautamente finanziato.
I nomi contano e bisogna usare quelli giusti. Dal cambiamento di nome dell’area del Tempio, ebrei (e cristiani) debbono aspettarsi qualcosa di buono?
Continua a leggere ⇢2016/10/08
Kiko, la catechesi diventa opera sinfonica
(da "La Nuova Bussola Quotidiana)
“Anche a te una spada trafiggerà l’anima”: nonostante lo stupore gioioso per la gloria di Dio che si manifesta nella sua carne, la profezia di Simeone si realizza durante tutta la vita di Maria. Ma certo, sotto la croce, la Madre dolorosa incarna quella profezia: “Una spada ha trapassato veramente la tua anima, o santa Madre nostra! Del resto non avrebbe raggiunto la carne del Figlio se non passando per l’anima della Madre”; la lancia che “non poteva più recare alcun danno al Figlio tuo, a te sì. A te trapassò l’anima”, scrive Bernardo, uno degli innamorati cantori dello splendore della nostra Madre celeste.
Circa cinquant’anni fa a Kiko Argüello, coiniziatore del Cammino neocatecumenale insieme a Carmen Hernandez, è apparsa Maria per consegnargli quella che sarebbe stata la missione della sua vita: “Fai comunità cristiane come la Santa Famiglia di Nazareth che vivano in semplicità, umiltà e lode, in cui l’altro è Cristo”. All’inizio della vita spirituale di Kiko c’è lo scandalo della croce. Lo sgomento per la sofferenza degli innocenti.
E così, nonostante sapesse poco di musica, nel 2011 ha composto una sinfonia, “La sofferenza degli innocenti”: “Vorremmo celebrare con questa sinfonia quando un angelo sostenne la Vergine, come accadde a Gesù nell’Orto degli Ulivi quando un angelo lo aiutò a bere il calice preparato per i peccatori. Vorremmo contemplare e sostenere la Vergine che accetta quella spada, che secondo il profeta Ezechiele Dio ha preparato per i peccatori del suo popolo, e che ora trapassa l’anima di questa povera donna”.
Da allora la sinfonia è stata eseguita in alcune fra le migliori sale da concerto del mondo e nei posti più impensati per un evento, in fondo, liturgico: due volte in Israele per un pubblico ebraico, al Lincoln Center di New York per una platea di tremila rabbini, ad Auschwitz davanti alla porta della morte in occasione di un incontro commovente fra rabbini di tutto il mondo e membri delle comunità neocatecumenali. Da ultimo in Giappone dove un pubblico non cristiano, commosso, ha voluto incontrarsi con Kiko e continua ad organizzare gruppi di studio per l’analisi di una sinfonia che ha toccato il loro cuore: “A Fukushima la gente piangeva – ricorda Kiko -, era molto emozionata. Siamo felici di aver portato una parola di consolazione e di amore”.
Lo Spirito Santo soffia dove vuole, si serve di chi vuole e come vuole. In modi spesso impensabili. Kiko nasce pittore, poi va a vivere fra i più poveri tra i poveri, poi diventa apostolo itinerante, poi anche architetto, scultore e, negli ultimi anni, musicista: “Non lasciare mai di fare il bene per paura della vanità, perché questo viene dal demonio”. E succede che, ancora una volta, la fede diventa cultura e dà espressione ai desideri e agli interrogativi più profondi dell’anima. Succede che attraverso la musica si toccano le corde del cuore e della fede. Ma poi, e di conseguenza, della stessa ragione. Anche perché l’esecuzione sinfonica vera e propria è preceduta dalla proclamazione della parola di Dio: da brani di Ezechiele e del Vangelo: la sinfonia infatti è, propriamente, una “celebrazione sinfonico-catechetica”. Una preghiera. Una novità assoluta sia in campo artistico che liturgico.
Direttore d’orchestra, musicisti e coro tutti appartenenti al Cammino, “La sofferenza degli innocenti” è stata eseguita ieri alla sala Nervi in Vaticano nel contesto delle attività promosse per il Giubileo della Misericordia e, in particolare, del Giubileo Mariano.
Continua a leggere ⇢2016/09/19
La sindaca Raggi, gli antichi romani e sant’Agostino
(da "La Nuova Bussola Quotidiana)
«Vi auguro di superare gli ostacoli che la vita ci pone davanti. Questa è la sfida che vi accingete a intraprendere, andate avanti a testa alta con forza e divertitevi, il segreto è divertirsi. Vi auguro una vita intensa». Queste le parole (che la Bussola ha già ricordato) con cui il sindaco Raggi si è rivolta a due omosessuali col cilindro nel giorno del loro matrimonio da lei officiato.
In tempi lontani anni luce i criteri che guidavano uomini e donne nella scelta di come condurre la loro vita erano altri.Prendiamo Agostino. Agostino è romano, a Roma tiene molto e si interroga sul perché Dio abbia concesso ai romani un potere tanto esteso e tanto duraturo: perché Dio ha «voluto l’impero romano così grande?», si domanda nella Città di Dio. Questa la risposta: i romani hanno amato sopra a tutto la gloria «per essa vollero vivere e non esitarono a morire».
La schiavitù della Patria essendo ingloriosa ed il dominio glorioso «desiderarono ardentemente e con ogni sforzo che fosse libera e poi dominatrice»; è questa la ragione per cui Dio ha concesso ai romani un grande potere: «allo scopo di domare le gravi colpe di molti popoli, Egli volle affidarlo soprattutto a questi uomini che per onore, gloria, umana considerazione si dedicarono alla Patria; in essa ricercarono tale gloria, senza esitare ad anteporre alla propria salvezza quella della Patria, riuscendo a contenere la brama del denaro e molti altri vizi a favore di quest’unico vizio che è l’amore della gloria».
I romani «Hanno trascurato i loro interessi privati per quelli pubblici… resistendo all’avidità, prodigandosi per la Patria con libertà di spirito, senza essere preda della passione». Se «Dio non avesse lasciato loro neppure la gloria terrena di un impero potentissimo, non ci sarebbe stata ricompensa per le loro nobili qualità». Possono i romani cristiani essere da meno dei romani pagani? No. Noi «dobbiamo provare vergogna se per la gloriosissima città di Dio non abbiamo raggiunto quelle virtù che essi in modo pressoché analogo hanno raggiunto per la gloria della città terrena». I cristiani, avendo di mira il cielo, dopo aver affrontato per amore di Dio tre secoli di persecuzioni disumane, hanno servito Dio nella vita quotidiana in un’inverosimile numero e varietà di opere di bene. Grazie a loro Roma è diventata quello che è: senza confronti la più bella città del mondo.
Leone XIII, scrivendo al segretario di Stato Mariano Rampolla nel 1887, così ricorda le glorie della Roma e dell’Italia cristiane: «Non occorre qui ricordare gl’immensi benefici e le glorie procacciate dai Pontefici a questa loro prediletta città, glorie e benefici, che sono scritti del resto a cifre indelebili nei monumenti e nella storia di tutti i secoli»; «Sono glorie dei Papi e del loro Principato i barbari respinti od inciviliti; il despotismo combattuto e frenato; le lettere, le arti, le scienze promosse; le libertà dei Comuni; le imprese contro i Musulmani, quando erano essi i più temuti nemici non solo della religione, ma della civiltà cristiana e della tranquillità dell’Europa».
Per tornare ad Agostino: «quando l’uomo vive secondo la verità, non vive secondo sé stesso ma secondo Dio»; «l’uomo è stato creato naturalmente per vivere non secondo sé stesso, ma secondo Colui che l’ha creato, cioè per fare la Sua volontà, anziché la propria». Oggi, dato che l’importante è divertirsi, non riusciamo nemmeno a trovare assessori.
Continua a leggere ⇢2016/09/09
Quella profezia sull'Italia apostata
(da "La Nuova Bussola Quotidiana)
Mentre scrivevo Una storia della chiesa mi sono rimaste impresse due profezie che fino ad allora non avevo avuto così chiare: la prima è l’ineluttabilità della persecuzione che Gesù predice a tutti i suoi discepoli («In verità vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna”, Mc 10, 29-30).
La seconda è l’insistenza di tutti gli autori del Nuovo Testamentosull’attacco satanico alla dottrina rivelata che si sarebbe manifestato, anche questo da subito, indipendentemente dalla forza e dalla consistenza delle comunità cristiane. Qui i riferimenti sono davvero molti, mi limito a citarne tre: “Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci” (Mt 7,15); “perfino di mezzo a voi sorgeranno alcuni a insegnare dottrine perverse per attirare discepoli dietro di se” (At 20,30); “ci saranno in mezzo a voi falsi maestri che introdurranno eresie perniciose, rinnegando il Signore che li ha riscattati ed attirandosi una pronta rovina” (2 Pt, 2,2).
L’ultima citazione, tratta dalla seconda lettera di Pietro, è la lettura riproposta lunedì scorso dall’ufficio delle letture all’interno della liturgia delle ore. Perché ne parlo? Perché il contrasto con l’ideologia della misericordia che va di moda di questi tempi è netto. Ai falsi maestri Pietro predice che “la loro rovina è in agguato” e che sarà ineluttabile come ineluttabile è stata nel tempo la rovina di quanti si sono ribellati a Dio: così è successo agli angeli ribelli (“li precipitò negli abissi tenebrosi dell’inferno, serbandoli per il giudizio”), così all’epoca di Noè, salvato con altri sette, “mentre faceva piombare il diluvio su un mondo di empi”, così al tempo di Lot, liberato per la sua giustizia dall’ira divina caduta su Sodoma e Gomorra (“condannò alla distruzione Sodoma e Gomorra, riducendole in cenere, ponendo un esempio a quanti sarebbero vissuti empiamente”, 2 Pt, 2,6). A riguardo di Sodoma mi vengono in mente le parole di alcuni prelati che hanno scordato o non conoscono affatto la Scrittura, e che quando parlano di misericordia antepongono i loro sogni ad occhi aperti al dettato della Rivelazione.
Quanto a noi italiani, ci converrebbe ricordare che la nostra storia è stata benedetta da Dio che ha scelto Roma come sede di Pietro e ci ha regalato uno stuolo di santi e sante che hanno costruito nel corso del tempo, insieme alla popolazione tutta, la nazione più bella del mondo: la nostra apostasia sarebbe tanto grave da meritare la fine della nostra patria. Lo scriveva Leone XIII l’8 dicembre 1892, rivolgendosi nella lettera Custodialla popolazione italiana: siate “italiani e cattolici, liberi e non settari, fedeli alla patria e insieme a Cristo ed al visibile Vicario suo, persuasi che un’Italia anticristiana e antipapale sarebbe opposta all’ordinamento divino, e quindi condannata a perire”.
Continua a leggere ⇢2016/08/22
Italia cara, perché ci vogliamo così male?
(da "La Nuova Bussola Quotidiana)
Le cose vanno che peggio sarebbe difficile immaginare a cominciare dall’economia che non riparte: siamo praticamente gli ultimi o quasi. Una denatalità che ci condanna all’estinzione. Un presidente del consiglio chiacchierino che sembra non sapere più da che parte girarsi. L’unica cosa che è riuscita bene al decisionista-rottamatore Renzi – a parte la sbandierata proclamazione dell’unicità italiana che non spiega però in cosa consista - è l’aver imposto a colpi di voti di fiducia sia alla camera che al senato la conquista del simil-matrimonio omosessuale. A seguito della dichiarazione (spavalda? goliardica?) di non aver giurato sul vangelo ma sulla costituzione.
Il dramma dei migranti che si trasforma in un bengodi per alcuni che ci guadagnano mentre i più poveri di noi sono sempre più poveri, senza nessun aiuto e senza nessun prelato che li difenda. La barzelletta che i soloni della sinistra non vogliono migranti a casa loro (a Capalbio, per esempio). Il mondo dell’informazione che lascia allibiti: qualche sera fa al tg2 hanno dedicato tempo, sorrisi, primi piani e delicatezza nel mostrare quanto felici sono due donne lesbiche una delle quali vincitrice di medaglia. Una vera e propria sponsorizzazione della vita senza drammi e senza problemi, senza morte in agguato, che sarebbe propria del mondo di chi si accoppia con compagni dello stesso sesso.
Possibile che ci siamo ridotti a questo punto di idiozia? Cosa impedisce al nostro cervello di ragionare? I vescovi d’altronde si compiacciono di raccontare storielle edificanti sulla misericordia divina che, grazie ad Abramo e alla sua intercessione, evita di castigare Sodoma.
E’ un mondo alla rovescia. In questi giorni a Fabriano i fratelli di comunità ospitano due seminaristi ucraini –che vivono della più totale carità - venuti in Italia per imparare l’italiano: vedono nella possibilità di aiutarli l’occasione di servire in loro Gesù e l’evangelizzazione e fanno a gara a cucinare i migliori pranzi di cui sono capaci. Perché la contentezza di sé sta nel fare le cose semplici, le cose che hanno un senso.
Un’Italia unica, piena di bellezza, dalla civiltà urbana più ricca che sia possibile immaginare, questa Italia anno dopo anno ha dimenticato se stessa e, dopo la contestazione, è scivolata nel regno delle strade morte: dei desideri folli. Del pensiero che sia possibile vivere bene pensando solo a se stessi, alle vacanze, all’eliminazione delle difficoltà rompendo i matrimoni alle prime difficoltà, lasciando i figli unici e soli, esigendo che la cosiddetta società risolva tutti i problemi del nostro vivere quotidiano. Dopo qualche decennio questo tipo di civiltà di cartapesta si è spezzato, perché essendo morte le persone è morta anche l’economia. Perché anche i figli e i nipoti degli imprenditori hanno pensato solo ad incassare soldi vendendo le imprese a cinesi, arabi, francesi, in modo da non avere problemi di sopravvivenza.
L’Italia che non ha voluto avere problemi è subissata di problemi. Quanti hanno voluto imporre una loro particolare idea di uguaglianza hanno ottenuto il contrario: nelle scuole dove la promozione è obbligata altrimenti il preside e i professori passano guai, nella scuola di inseganti trasformati in burocrati, in questa scuola restano e resteranno solo i figli di chi non ha soldi per mandare la progenie in scuole di eccellenza che sempre più si diffonderanno e sempre più costeranno. La subcultura di sinistra ha soffocato lo spirito degli italiani. La gnosi, le consorterie massoniche e malavitose, hanno occupato tutti gli spazi del vivere civile togliendo l’anima. Aspirando l’anima, portandola via. L’anima italiana è cattolica. Da quasi due millenni. O ritroviamo la speranza nella vittoria sulla morte che Cristo ci ha conquistato (con tutta la pace e il realismo che questo comporta), con la consapevolezza che non ci sono scorciatoie, che la vita è molto dura e che le scelte sbagliate si pagano care; o la smettiamo di pensare alla “felicità” di qualcuno che vuole vivere con altri dello stesso sesso come se questa fosse una conquista di civiltà e favole simili, o la nostra vita sarà spazzata via.
Dopo tanta libertà e tanta uguaglianza ci sono segnali che vengono dai paesi che pure hanno imposto questa deriva antropologica che le cose potrebbero cambiare. Il presidente Hollande che fa visita al papa, per esempio, è un fatto inimmaginabile fino a qualche mese fa quando la Francia voleva imporre al vaticano di essere rappresentata da un ambasciatore omosessuale. Chissà che anche da noi qualcuno non si svegli. Cattolici e prelati compresi.
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