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Nostra Signora d'Arabia

2021/12/17

Nostra Signora d’Arabia, una cattedrale cattolica in Bahrain

C’era una volta Francesco d’Assisi, il poverello. Pieno di zelo per il Vangelo andava a piedi predicando dovunque. E’ andato anche in crociata, così racconta Tommaso da Celano. C’è andato a modo suo. Voleva annunciare l’amore di Dio al sultano per poi essere ucciso. Voleva morire martire, come a tanti dei suoi è capitato. E’ successo che è davvero riuscito a parlare col sultano, gli ha annunciato Gesù morto e risorto, ma è anche successo che non è morto martire. Anzi, è stato accolto con benevolenza.

A ottocento anni di distanza questa volta è un re, il re del Bahrain Ḥamad bin ʿĪsā Āl Khalīfa, che ha offerto al vicario apostolico del Nord Arabia, il santo arcivescovo Camilo Ballin nel frattempo passato al Padre, 9000 mq di terreno per la costruzione di una chiesa. Il fatto non risulta essere usuale.

Per la progettazione della cattedrale Nostra Signora d’Arabia e dell’attiguo episcopio, Ballin ha bandito un concorso internazionale. Nel 2014 è risultato vincitore il gruppo di architetti guidato da Mattia del Prete. Del Prete è da decenni il più stretto collaboratore di Francisco Arguello Wirtz (un altro Francesco, guarda caso), coiniziatore con Carmen Hernandez del Cammino Neocatecumenale. Personaggio fuori del comune, Kiko. Anche lui ha scelto di essere povero ed è andato a vivere fra gli ultimi nelle baracche di Madrid. Poi ha fatto più volte il giro del mondo per annunciare ovunque il vangelo.

Kiko è un artista. Un artista che, alla pittura, alla scultura, all’architettura, ha aggiunto negli ultimi anni la musica: “La Sofferenza degli Innocenti”, la sinfonia che ha composto, è stata eseguita, oltre che nelle migliori sale da concerto del mondo, anche davanti al portone d’ingresso del campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau alla presenza delle massime autorità religiose ebraiche e cristiane. Kiko sa che il culto “è il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui scaturisce tutta la sua forza” (Sacrosanctum Concilium) ed è per questo che ha sempre dedicato tanta attenzione alla qualità degli ambienti in cui le comunità da lui fondate si riuniscono. Nel corso di più di cinquanta anni la “Nuova Estetica” del Cammino, così è stata chiamata, si è arricchita di molte soluzioni artistiche che oggi formano un corpo architettonico ben riconoscibile.

Chiese, seminari, catecumeni, la Domus Galilaeae sul Monte delle Beatitudini nel lago di Tiberiade, rappresentano un insieme ben articolato di soluzioni che permettono ai fratelli di nutrirsi, insieme alla Parola di Dio e ai sacramenti, di bellezza. Kiko ha parlato di bellezza molte volte. Cito alcune delle sue espressioni: “Giovanni Paolo II quando ha parlato degli artisti ha detto una frase profonda: ‘Questo mondo nel quale noi viviamo ha bisogno di bellezza, per non cadere nella disperazione’. Il Papa ha rapportato la bellezza con la speranza, con l'amore”; “nell'estetica c'è un profondo segreto, che è l'amore”;  “Dio ha creato l’universo e la terra con immenso amore e con grande armonia. C’è un equilibrio sapiente e profondo che abbraccia tutto, a cominciare dai colori (a ogni rosso per esempio corrisponde un tipo di verde complementare), sicché ogni cosa rinvia a un’altra, in una policromia e polifonia meravigliosa: il cielo azzurro, il verde delle fronde degli alberi, le montagne rugose e impervie, tutto canta e proclama la bellezza dell’opera di Dio”; “Questo amore di Dio per l’uomo ha una profonda valenza estetica, perché Dio, che è Amore, vuole anche dare piacere all’uomo”; “Sono convinto che solo una nuova estetica salverà la Chiesa”.

Per quanto riguarda le chiese, la “Nuova Estetica” presenta due caratteristiche fondamentali: la costruzione a pianta centrale, ottagonale, che permette la pienezza della vita liturgica comunitaria sviluppantesi intorno all’altare, e il recupero delle icone della tradizione ortodossa: “Noi vorremmo recuperare le figure, recuperare l’unità tra Oriente e Occidente”, “in Oriente l’iconografia non è un elemento accessorio, un ornamento fine a sé stesso, ma è parte integrante e essenziale della liturgia: è un annuncio, l’annuncio di Gesù Cristo. Tutte le grandi chiese orientali sono ricche di icone, e all’inizio di ogni ‘divina liturgia’, cioè dell’eucarestia, c’è l’incensazione delle icone, le quali sono l’annuncio della realtà del cielo. L’oro che abbonda nelle icone, nello sfondo, nelle decorazioni, nelle immagini, significa l’annuncio di una realtà celeste”. A partire dalle icone, Kiko ha ideato quella che ha chiamato una “corona misterica”: uno spazio circolare alla base della cupola, interamente affrescato, con riquadri che illustrano gli episodi salienti della vita di Gesù e annunciano il suo ritorno trionfante: “Le immagini della corona misterica vogliono colpire lo spirito dei fedeli che le contemplano. Esse hanno come fine quello di aiutare l’uomo a elevare il proprio spirito verso Dio”.

L’architetto Del Prete e il suo team si sono avvalsi della consulenza artistica di Kiko Arguello ed hanno realizzato una pregevole sintesi delle più belle novità elaborate nel corso degli anni dalla Nuova Estetica del Cammino: una grande cupola dorata che fa presente il cielo, la corona misterica in cui fogli di "Pan d'oro zecchino" circondano i dipinti e li uniscono in una striscia ininterrotta di luce, l’uso di un nuovo tipo di vetrate moderne, simboliche, con tratti geometrici, l’altare centrale, i rivestimenti in marmo esterni ed interni realizzati in travertino paglierino romano, pietra serena, Giallo Siena, Rosso Verona, marmo di Carrara. Tutti gli arredi in legno e in marmo sono stati realizzati da aziende italiane. Iniziati nel 2018 i lavori si sono appena conclusi e Nostra Signora d’Arabia verrà inaugurata domani 10 dicembre.

Ḥamad bin ʿĪsā Āl Khalīfa, che ha regalato al Papa un modello in metalli preziosi del progetto vincitore, apprezzando la bellezza della chiesa, ha concesso la posa di una croce.

Una scelta, anche questa, non usuale.

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Putin

2021/11/04

Da Putin un monito: non ripetete gli errori della rivoluzione d'ottobre

Raramente i politici fanno discorsi profetici. E’ accaduto a Putin il 21 ottobre nel corso della riunione annuale del Valdai club: si parlava di “Rivoluzione globale nel 21° secolo: l’individuo, i valori e lo Stato”. Il presidente della Russia ha fatto un discorso complesso, articolato, molto interessante, di cui prenderò in considerazione un solo aspetto: le caratteristiche e il ruolo della rivoluzione. Tenendo conto che a parlare è l’erede della rivoluzione d’ottobre, ex ufficiale del Kgb, la posizione di Putin è sorprendente: “È più facile distruggere che creare, come tutti sappiamo. Noi in Russia lo sappiamo molto bene, purtroppo, per le nostre diverse e negative esperienze”; nel 1917 la Russia “avrebbe potuto affrontare i suoi problemi gradualmente e civilmente. Ma gli scontri rivoluzionari portarono al crollo e alla disintegrazione di una grande potenza”; “le rivoluzioni non sono un modo per risolvere una crisi, ma un modo per aggravarla. Nessuna rivoluzione valeva il danno che ha fatto al potenziale umano”.

A partire da queste considerazioni, Putin analizza la situazione dell’Occidente: “Siamo sbalorditi nel guardare ai processi in corso in paesi che sono stati tradizionalmente considerati campioni di progresso”; “Alcune persone in Occidente credono in una rimozione aggressiva di intere pagine della propria storia, credono nella "discriminazione alla rovescia", di una minoranza che discrimina una maggioranza che richiede di rinunciare alle nozioni tradizionali di madre, padre, famiglia e persino di genere. Credono che tutte queste siano pietre miliari sulla strada del rinnovamento sociale”. Ancora: “La lotta per l'uguaglianza e contro la discriminazione diventa un dogmatismo aggressivo, al limite dell'assurdo, quando le opere dei grandi autori del passato, come Shakespeare, non vengono più insegnate nelle scuole o nelle università perché si ritiene che le loro idee siano scadute. I classici sono dichiarati in ritardo perché non rispettano l'importanza del genere o della razza. A Hollywood vengono distribuiti promemoria sulla corretta narrazione e su quanti personaggi e di che colore o genere dovrebbe avere un film”; “Contrastare gli atti di razzismo è una causa nobile e necessaria, ma la nuova "cancel culture" l'ha trasformata in "discriminazione alla rovescia", cioè razzismo alla rovescia”.

Strabiliante la motivazione che spinge Putin a tratteggiare la follia della nostra società. Historia magistra vitae: Putin vorrebbe che i fatti della Russia rivoluzionaria ci allontanassero dalla strada che abbiamo imboccato: “Quello che voglio dirvi ora è che le vostre ricette non sono affatto nuove. Potrebbe essere una sorpresa per alcune persone, ma la Russia le ha già sperimentate. Dopo la rivoluzione del 1917, i bolscevichi, appoggiandosi ai dogmi di Marx ed Engels, dissero che avrebbero cambiato le forme e i costumi esistenti e non solo quelli politici ed economici, ma anche la nozione stessa di morale umana e i fondamenti di una sana società. Abbiamo sperimentato anche la distruzione dei valori ancestrali, della religione e delle relazioni tra le persone, fino al rifiuto totale della famiglia, l'incoraggiamento alla delazione persino contro i propri cari”.

“Guardate, state attenti a dove andate! Non vi capiti di andare dove i bolscevichi avevano pianificato di andare, non solo collettivizzando i polli, ma collettivizzando anche le donne. Ancora un passo e ci arriverete”; “Ripeto, non è una novità. Negli anni '20, i cosiddetti Kulturträgers sovietici inventarono anche un nuovo linguaggio credendo di creare una nuova coscienza cambiando i valori proprio come intende fare ora l’Occidente. E come ho già detto, hanno fatto così tanti disastri che a volte si ha ancora i brividi guardando ad essi”.

Analizzando quello che è successo non solo in Russia nel 1917, ma anche in Francia ai tempi della rivoluzione (rivoluzione che però continua ad essere osannata), viene da chiedersi: se non correggiamo in fretta la rotta, quanto tempo passerà tra l’abbattimento delle statue, la proibizione dell’insegnamento, la riscrittura del linguaggio, la cancellazione della cultura, e il bagno di sangue?

di Angela Pellicciari

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togliatti

2021/09/21

Se la scienza diventa fede è una sciagura

Lo dice la scienza! Da un due anni a questa parte la scienza la fa da padrona. Virologi, medici, cultori di discipline varie, tutti a discettare scientificamente sul covid. E così assistiamo al vivace spettacolo di scienziati l’un contro l‘altro armati che si contraddicono quotidianamente in nome della scienza.

Quella della scienza che vuole guidare le nostre vite convinta di renderle migliori, è una storia che viene da lontano. Comincia nel paradiso terrestre con la scelta di Eva di sostituirsi a Dio nella definizione di bene e male.

In epoca moderna, grosso modo da Bacone in poi, questo tipo di scienza ha fatto enormi progressi. E’ riuscita ad imporsi: ha imposto la sua verità a tutta la popolazione. Così è successo durante la rivoluzione francese al momento del trionfo della libertà, fraternità e uguaglianza alla maniera giacobina (con la ghigliottina), così è successo col comunismo e, a ruota, col nazismo.

Un piccolo saggio delle scientifiche convinzioni in cui Togliatti e Hitler credevano. Nella prefazione all’edizione del Manifesto del partito comunista del 1948, PalmiroTogliatti, definito “Il Migliore”, scriveva: “Se nel 1848 il socialismo dall’utopia passava alla scienza, nel 1917 la previsione scientifica e meta lontana della conquista del potere da parte della classe operaia diventa realtà concreta”; “Tracciando per la prima volta le fondamentali leggi di sviluppo della società umana esso rinnova la scienza di questa società. Indicando scientificamente la funzione storica del proletariato come forza chiamata dal corso stesso delle cose a rinnovare il mondo”.

Grazie a Marx, e al suo socialismo scientifico così ben descritto da Togliatti, centinaia di milioni di persone sono state scientificamente avviate alla morte. Qualche anno più tardi, grazie ad Hitler, e alla scientifica dottrina della razza, i morti sono stati qualche decina di milioni in più: “Un movimento come il nostro – afferma Hitler nel 1941 - non deve lasciarsi trascinare in digressioni di ordine metafisico. Deve attenersi allo spirito della scienza esatta”; “il dogma del cristianesimo si sminuzza davanti ai progressi della scienza” (1941); “noi stiamo per riscrivere la storia, dal punto di vista della razza”; “La nostra epoca vedrà indubbiamente la fine della malattia cristiana… Noi entriamo in una concezione del mondo che sarà un’era soleggiata, un’era di tolleranza” (1942).

Oggi che non crediamo più alla scientifica dottrina marxista come non crediamo più alla scientifica dottrina nazista abbiamo fatto passi avanti? In cosa riponiamo oggi la nostra fiducia?

Oggi, insieme alla scientifica certezza della verità del gender (lgbtq+), con la riscrittura del linguaggio ad essa collegata in vista della soleggiata scomparsa della famiglia, oggi abbiamo una scientifica fiducia, giustamente imposta a tutti, quella del divieto di morire senza green pass.

La ragione è un bene prezioso. La scienza è un bene molto prezioso. Quando la scienza prende il posto della fede e diventa politica, e diventa ideologia, la scienza è la più micidiale sciagura che possa capitare.

di Angela Pellicciari

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Mario Draghi

2021/09/02

Un libro smonta la leggenda nera dei “conquistadores”

Andrés Manuel López Obrador è alla testa di una formazione politica chiamata “Insieme faremo la storia” e nel 2018 è diventato presidente del Messico per rifare la storia. Per vincere le elezioni ha utilizzato parole semplici, efficaci quanto prive di significato, come da noi è successo con i 5 Stelle. Una per tutte: “Abbracci, non proiettili”.

Nel 2019, per il cinquecentenario dalla “conquista” del Messico, Obrador ha scritto al re di Spagna e al Papa per esigere pubbliche scuse. “Sia la monarchia spagnola, la Chiesa e lo Stato Messicano devono offrire pubblicamente le scuse ai popoli nativi che hanno sofferto tanto”. Che io sappia, né il Papa né il re hanno risposto. L’ha fatto ora uno storico “venuto dalla fine del mondo”, l’argentino Marcelo Gullo, autore del libro Madre Patria. Desmontando la leyenda negra desde Bartolomé de las Casas hasta el separatismo catalán (Madre Patria. Smontando la leggenda nera da Bartolomé de las Casas fino al separatismo catalano).

La storia non è il forte degli Obrador di turno. A dire il vero non è nemmeno il forte di tanti politici e intellettuali, religiosi compresi. Un semplice fatto: nel 1521 i 300 uomini o poco più di Cortés hanno fatto crollare il potente impero di Montezuma in pochissimo tempo. Un miracolo? No, perché hanno lottato insieme a Cortés “le 110 nazioni messicane oppresse dalla tirannia antropofaga degli aztechi”. Il Messico non è stato conquistato, è stato piuttosto “liberato” dagli spagnoli, scrive Gullo, che documenta le orrende abitudini religiose degli aztechi, dediti a decine di migliaia di sacrifici umani all’anno.

Io mi sono occupata a più riprese della storia della Spagna. Due anni fa è uscito il mio libro Una storia unica che mostra come sia la riconquista che la conquista spagnole, entrambe avvenimenti davvero unici, siano stati possibili grazie alla fede di un intero popolo, assistito dalla protezione celeste (Da Saragozza a Guadalupe è il sottotitolo). In un’intervista a Carmelo Lopez per il lancio della versione spagnola del libro su Religión en libertad, spiegavo come sia stato possibile trasformare un evento prodigioso in un’impresa criminale.

A questo riguardo mi sembra utile aggiungere alle considerazioni di Gullo quelle fatte da Giovanni Paolo II il 12 ottobre 1992 a Santo Domingo, nel cinquecentenario della scoperta dell’America: «Rendiamo grazie a Dio per il gran numero di evangelizzatori che hanno lasciato la loro patria e hanno dato la loro vita per seminare nel Nuovo Mondo la vita nuova della fede, la speranza e l’amore. Non erano spinti dalla leggenda dell’“El Dorado”, né da interessi personali, ma dal sollecito richiamo ad evangelizzare quei fratelli che ancora non conoscevano Gesù Cristo. Essi annunciarono “la bontà di Dio, Salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini” (Tt 3, 4) a popolazioni che sacrificavano agli dei perfino vittime umane. Essi testimoniarono, con la vita e le parole, l’umanità che scaturisce dall’incontro con Cristo».

Il 14 maggio 1992 papa Wojtyla, che di storia se ne intendeva, così aveva rivendicato il bene fatto dai cattolici spagnoli: «Non può non destare una viva soddisfazione l’esame del contenuto degli atti dei numerosi Concili e Sinodi che vennero celebrati nel primo periodo, così come altri documenti di ricchissimo contenuto, come le Dottrine o Catechismi, che furono centinaia e sono quasi tutti scritti nelle lingue delle etnie e dei paesi in cui i missionari svolgevano la loro missione».

In Italia, forse perché influenzati dai “bravi” e dalle “grida” di manzoniana memoria, abbiamo spesso guardato alla storia della Spagna con un malcelato senso di superiorità. È un errore. È un grosso errore, frutto di provincialità e ignoranza. Le potenze protestanti e massoniche hanno inventato la leggenda nera anche per avere il plauso delle stesse nazioni cattoliche nella pretesa di sostituirsi alla “disumana” dominazione spagnola. La leggenda nera è servita e serve per denigrare l’unica grande potenza che ha difeso fino allo stremo la Chiesa cattolica, apostolica, romana. E la cosa ci riguarda da vicino.

di Angela Pellicciari

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Mario Draghi

2021/05/03

Alla fine arrivò Draghi

A volte mi capita di mettere in fila, come per caso, fatti diversi. Oggi mi è venuto in mente di buttare giù le mie libere associazioni.

Ettore Bernabei, certamente uno degli uomini più influenti della prima repubblica, uomo di grandi confidenze ed amicizie, a proposito di terrorismo diceva, e scriveva, spiegando come mai da noi fosse durato un tempo interminabile (negli altri stati il terrorismo si era abbastanza rapidamente concluso), che a tenerlo in vita tanto a lungo erano stati gli interessi delle nazioni nostre concorrenti.

Da parte mia aggiungo (non ricordo se Bernabei anche di questo parlasse) come davvero stravagante fosse la generosa ospitalità offerta dal presidente francese, il socialista Mitterrand, ai nostri terroristi. La cosiddetta “dottrina Mitterrand”: non si potevano rimandare in patria persone che avrebbero subito il giudizio di una magistratura condizionata da tendenze filofasciste.

Saltiamo un po’ di anni e arriviamo a Berlusconi. Personaggio ingombrate. Anche dal punto di vista della politica estera. A Pratica di Mare era addirittura riuscito a mettere d’accordo Bush e Putin. E infatti, lo stesso giorno del memorabile incontro, gli era arrivato un provvidenziale avviso di garanzia. Per non dire degli accordi estremamente favorevoli all’Italia che era riuscito a strappare a Geddafi, non senza aver prima, giustamente, domandato perdono per le violenze italiane in Libia. Passa qualche tempo e di Berlusconi non se ne può più: fa troppa fatica a piegarsi alle ragionevoli proposte che gli vengono suggerite.

E così, in un duetto vergognoso, il presidente francese Nicolas Sarkozy, uomo di destra questa volta, ma sempre francese, in conferenza stampa si mette a irridere il presidente Berlusconi rivolgendo un sorriso ammiccante e sornione alla cancelliera Merkel che, con più garbo, ma comunque al sorriso risponde. E’ il preludio del vergognoso attacco alla Libia (dove i nostri interessi erano davvero cospicui). Attacco, si ricorderà, caldeggiato dallo stesso presidente Napolitano in nome delle “grida di dolore” che si sarebbero levate dal popolo libico contro Gheddafi. Napolitano ha fatto mostra di credere alla propaganda della televisione Al-Jazira. C’è di più. Per caldeggiare l’intervento dell’Italia a fianco del duo franco-inglese in Libia, il presidente Napolitano ha usato le stesse parole che, qualcosa più di 150 anni fa’, il re di Sardegna Vittorio Emanuele II, ha utilizzato per giustificare la propria invasione del regno retto dal cugino Francesco II di Borbone. Difficile da credere, ma è così. Un presidente della repubblica che spera che anche l’Italia (che aveva tutto, ma proprio tutto, da perdere), si schieri a seguito delle potenze anglo-francesi che palesemente puntavano a scalzarci dalla Libia.

Poco tempo dopo Berlusconi era spinto fuori dai giochi, addirittura destituito dal senato, e noi italiani siamo stati liberati e sollevati dal professor Mario Monti e dalle sue illuminate politiche.

Adesso una notizia bomba: dopo decenni di latitanza, dopo decenni di fraterna ospitalità goduta in Francia, Macron decide che per i nostri terroristi, per i nostri omicidi, per i nostri delinquenti comuni (tali sono i terroristi), la vacanza francese è finita!!! Dopo tanto tempo, dopo tanti anni, quando i brigatisti ormai sono diventati nonni. Inevitabile chiedersi: cosa è successo? Azzardiamo una risposta: Mario Draghi?

di Angela Pellicciari

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Chiesa Tedesca

2021/02/16

La Chiesa tedesca riprende il sogno di Lutero

(da "La Nuova Bussola Quotidiana")

Da sempre Roma, caput mundi, è sede del massimo potere spirituale. La Germania dal canto suo è stata sede del massimo potere temporale per quasi mille anni, dal 961 con Ottone I al 1806 quando Francesco II d’Asburgo dismette la carica di sacro romano imperatore. Due anni prima, nel 1804, suo genero Napoleone si era autoincoronato imperatore a Parigi. Un impero non più romano né cristiano, un impero massonico. Francesco II implicitamente accetta il cambiamento epocale e si proclama Francesco I d’Austria e Ungheria.

Traccia visibile del rapporto Roma-Germania è in ogni caso visibile all’interno delle stesse mura vaticane dove un cimitero teutonico ricorda lo stretto legame che ha unito per un millennio le due massime autorità mondiali.

La prima nazione ad insidiare il potere spirituale romano è stata la Francia che, in un primo momento, ha imposto la cattività avignonese, poi ha rivendicato con i suoi re i supposti diritti della Chiesa gallicana.

Se Parigi non è riuscita a trasferire Roma ad Avignone, nel 1517 il tentativo è stato ripreso dalla Germania di Lutero. Alla Germania (a Wittenberg?) sarebbe dovuta spettare la guida spirituale del mondo. Roma? La penna di Lutero la definisce “rossa puttana di Babilonia”. I papi? Anticristi, da sempre nemici dei bravi tedeschi. Lutero e i suoi amici rinascimentali fanno infatti risalire ad Arminio (suo l’annientamento delle legioni romane alla selva di Teutoburgo nel 9 d. C.) la presunta perenne inimicizia fra Roma e la Germania. L’impresa di Lutero riesce solo parzialmente e nessuna delle chiese riformate sostituisce Roma come sede del potere spirituale universale. La riforma resta inesorabilmente chiusa nell’ambito delle chiese nazionali.

Adesso però si ricomincia daccapo e la Chiesa tedesca riprende il filo da dove era stato interrotto. Roma locuta causa soluta? No. Il sinodo tedesco che sta arrivando alla sua conclusione lo ha detto a chiare lettere. Le nostre decisioni valgono, devono valere, anche a Roma. Devono essere accettate. Perché? Perché sono giuste. Perché sono al passo con i tempi. Roma deve smetterla di arrogare a sé stessa la pretesa di avere sempre l’ultima parola. Questa volta non l’avrà. Anzi. Roma si renderà conto che se rifiuta le nostre decisioni (l’elezione di vescovi e preti da parte del laicato, sacerdozio femminile, cambiamento della morale sessuale, fra le altre) rimarrà isolata. Il mondo verrà con noi.

Non essendo possibile rivendicare apertamente il primato temporale perché, di questi tempi, l’affermazione di un Quarto Reich non sarebbe vista di buon occhio, la Germania ricomincia dal potere spirituale. La Chiesa tedesca è ridotta al lumicino? I fedeli l’hanno abbandonata in massa? Non fa nulla. È il principio che deve valere. È la giustizia di fronte a Roma che bisogna far trionfare. Il potere spetta a noi ed è giusto che sia così.

La storia non è acqua. I tempi storici sono lunghi. Fino a che la Germania non riconoscerà il suo peccato originale, fino a quando non ripudierà la lotta fatta a Roma in nome della libertà, di una libertà senza verità, la Germania sarà condannata alla coazione a ripetere. Sarà condannata a rivendicare all’infinito la sua supposta superiorità. La sua legittima ambizione di potere.

di Angela Pellicciari

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